Solitudini e nevrosi infantili nel traffico caotico di Caracas.
Come Il piccione sul ramo… Leone d’Oro 2014, pure Ti guardo, che vinse Venezia ‘15, è un film ad inquadrature fisse, senza movimenti di macchina, dove i personaggi si agitano di fronte alla cinepresa che osserva nella trafficata Caracas ripresa da Lorenzo Vigas «da lontano» come spiega il titolo originale.
Sguardi lunghi senza molte inutili parole, cui si richiama nel cast Alfredo Castro strepitoso, infelice portatore di sentimenti on the rocks, affiancato dall’eccezionale deb Luis Silva, che offre sofferti mix di angoscia, paura, strafottenza. È il ragazzo di vita bassa (i pantaloni…) che un posato odontotecnico, con l’inferno che bussa dentro, rimorchia nella casa borghese, invitandolo a spogliarsi a pagamento per il suo piacere, ma da lontano. Entrambi condividono il trauma per l’assenza del padre, grave per l’uomo che, picchiato, offeso, derubato, dal giovane vedrà ribaltato il gioco amoroso delle parti in una storia di solitudini incrociate. Il ragazzo, conquistato da tanta gentile generosità, pestato da teppisti rivali e in cerca della figura paterna, sarà lui a sedurre l’amico che preferisce il martirio pasoliniano di un amore speciale masochista e pensa per 93’ minuti al secchissimo finale che ci lascia di stucco.
Film bellissimo, curioso di vita, che rimanda a Fassbinder, una storia sociale senza volerlo in un intrigo psico sessuale che neppure il triumvirato Freud-Jung-Lacan risolverebbe: bello che resti sospeso nell’aria lo smog di un mistero, il fascino di una nevrosi infantile moltiplicata per due.
Maurizio Porro, Corriere della Sera.