Senza Chávez, l’asse bolivariano si sta sgretolando
di Maurizio Stefanini, LIMES, 27/05/2013
In Ecuador, Correa inaugura il suo 3° mandato avvicinandosi
all'Alleanza del Pacifico. In Bolivia, Morales rivincerà le elezioni ma
deve far fronte al malcontento dei sindacati. In Venezuela Maduro si
sta dimostrando incapace di governare.
[Carta di Laura Canali]
[Carta di Laura Canali]
Venerdì 24 maggio 2013 a Quito, Rafael Correa si è insediato per la terza volta alla presidenza dell’Ecuador.
Il giorno prima a Cali, il settimo vertice dei presidenti dell’Alleanza del Pacifico
[Ap] ha ratificato la decisione di liberalizzare il 90% del commercio
interno a partire dal prossimo 30 giugno e di andare verso la
soppressione dei visti. Inoltre, ha accolto il Costa Rica come quinto
membro accanto a Messico, Perù, Cile e Colombia, ricevuto per la prima
volta i rappresentanti di paesi osservatori come Spagna, Guatemala e
Canada e ospitato un forum di 400 imprenditori.
In teoria, i due eventi non erano in contrapposizione.
Il presidente cileno Sebastián Piñera, quella del Costa Rica Laura
Chinchilla e il colombiano Juan Manuel Santos sono anzi passati
direttamente da Cali a Quito: i primi due viaggiando con lo stesso
aereo.
Appena arrivato, Piñera ha anche dato il suo “cordiale benvenuto all’Ecuador,
che si è incorporato come membro osservatore dell’Alleanza del
Pacifico. L’Ecuador è un paese che appartiene al Pacifico e lo riceviamo
a braccia aperte nell’Alleanza del Pacifico”.
La scelta di Correa di entrare nell'Ap è stata presa dopo aver deciso di non entrare nel Mercosur sulla
base della vocazione geopolitica del paese verso il Pacifico. D’altra
parte, il dinamismo dell’area in questo momento è l'elemento che
accomuna le buone performance economiche sia dell’Ecuador sia dei paesi
dell’Alleanza.
Quito è stata in effetti riconosciuta da Angela Merkel come un “giaguaro latinoamericano”
e Correa ha avuto buon gioco nel ricordare che il suo, secondo l’Onu e
la Cepal, è uno dei tre paesi della regione che è riuscito a ridurre
la povertà dal 37,6 al 27,3%, e la povertà estrema dal 16,9 all’11,2%
della popolazione.
Nel suo discorso, il presidente ha affermato che l’Ecuador
tra 2006 e 2012 si è classificato quarto per crescita in termini di
sviluppo umano in una lista di 186 paesi e che il suo pil è aumentato a
una media del 4,3% all’anno contro il 3,9% regionale, malgrado la crisi
del 2009 e senza avere moneta nazionale. La disoccupazione è scesa al
4,1%, la previdenza è divenuta efficace e “per la prima volta il
reddito di una famiglia ecuadoriana permette di coprire le necessità
basilari di consumo”.
I cittadini gliene danno atto: a parte l’ampia vittoria alle ultime elezioni,
col 57,1% dei voti e 100 deputati su 137, l'indice di popolarità di
Correa oltrepassa il 63% (secondo alcuni sondaggi arriva all’86).
L’Alleanza del Pacifico, i cui presidenti si sono
presentati a Cali senza cravatta per rappresentare lo spirito di
un’iniziativa dinamica e non "ingessata”, rappresenta 200 milioni di
persone, un terzo del pil latinoamericano e il 50% del suo commercio.
Tuttavia, nel discorso con cui Santos ha ricevuto la presidenza di
turno dell’Ap non è mancato un forte riferimento al fatto che i paesi
membri credono in valori come lo stato di diritto, la separazione dei
poteri, la bontà del libero commercio, il rispetto della proprietà
privata...