Il colpevole silenzio della sinistra di fronte alla catastrofe in Venezuela.
Luciano Capone, Il Foglio.
Il Venezuela dovrebbe essere il paradiso in terra, ricchissimo di bellezze e risorse naturali, il mar dei Caraibi e le maggiori riserve petrolifere del mondo. In aggiunta gli ingredienti della ricetta economica del momento: redistribuzione della ricchezza, salario garantito e sovranità monetaria. Il punto di unione tra la sinistra radicale e il Movimento 5 stelle. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: una catastrofe senza precedenti nella storia recente...
L’unica promessa che il “Socialismo del XXI secolo” ha mantenuto è l’egualitarismo: non c’è niente per nessuno. Non c’è latte per i bambini né medicine per gli anziani, mancano carta igienica, pannolini, bare, preservativi, telefonini, pezzi di ricambio per auto, farina, caffè, riso pollo e persino la benzina, nel paese con più riserve petrolifere dell’Arabia Saudita. La gente passa ore in coda ai supermercati, nell’ultimo anno tre quarti della popolazione ha perso circa 9 chilogrammi di peso, il pil è crollato più del 10 per cento, il reddito pro capite è inferiore a quello del 1964, l’inflazione è oltre il mille per cento (miracolo della “sovranità monetaria”), il tasso di omicidi è tra i più alti al mondo, (22 mila l’anno, una persona uccisa ogni 20 minuti). Anche la democrazia è morta...
Eppure il socialismo venezuelano è un modello per la sinistra europea di Corbyn in Inghilterra, Mélenchon in Francia, Podemos in Spagna e Tsipras in Grecia. In Italia è il riferimento politico ed economico del Movimento 5 stelle, che con Di Battista propone come alternativa al “nazismo” dell’euro e dell’Unione Europea il modello Alba, l’alleanza bolivariana di Chávez in America latina. Ma visto che i 5 stelle riciclano idee di seconda mano, una riflessione sulla catastrofe venezuelana dovrebbe farla la sinistra italiana, che per anni ha sventolato la bandiera del chavismo. Dario Fo e Franca Rame agitavano il pugno chiuso sulla balconata della Camera del lavoro di Milano quando Chávez fu invitato dalla Cgil a indicarci la via del socialismo, Fausto Bertinotti lodava il lavoro del governo per “vincere le disuguaglianze sociali”, Nichi Vendola dichiarava “profonda simpatia per un’esperienza che ha fatto invecchiare la stella di Cuba”, Gennaro Migliore – all’epoca comunista di ferro e adesso democratico renziano – elogiava la “straordinaria rivoluzione democratica” del caudillo. E poi tutta la sinistra altermondialista e movimentista, con i relativi no global da piazza e intellettuali da salotto. Ora sono tutti zitti, quelli più in vista evitano di parlarne: “Non sto seguendo più le vicende venezuelane”. Della Rivoluzione bolivariana in Venezuela restano miseria e violenza, nella sinistra italiana solo silenzio.