Finta foto di Chavez: El País monta una “spy story”. Il cattivo è Castro
di Alessandro Oppes | IL FATTO QUOTODIANO - 29 gennaio 2013
Se non altro, una volta combinato il pasticcio – enorme, colossale –
hanno avuto almeno il buon gusto di chiedere scusa. E di spiegarsi.
Tutto si può dire, dopo la gaffe del secolo commessa da El País con la pubblicazione in prima pagina di una falsa foto di Hugo Chávez moribondo
(non era Chávez e, per fortuna dell’interessato, non è neanche morto),
tranne che il quotidano spagnolo abbia cercato di minimizzare
l’accaduto, di far finta di niente.
Già nella notte concitata dell’incidente, giovedì scorso, il direttore Javier Moreno, svegliato in un albergo di Davos, in Svizzera, ha ordinato di distruggere tutta la tiratura del giornale (comunque troppo tardi per evitare che le prime migliaia di copie arrivassero all’estero e in alcune edicole spagnole) e di ristamparlo con le prime, sommarie scuse. Uno scherzetto da 225mila euro.
Poi, dopo una prima ricostruzione della vicenda sul numero di venerdì
(“La foto che El País non avrebbe mai dovuto pubblicare”), domenica il
quotidiano ha dedicato al caso nientemeno che tre pagine. Con una premessa
che non lascia alcuno spazio ai fraintendimenti (“El País ha commesso
giovedì scorso uno dei più gravi errori della sua storia”), seguita da
un lunghissimo articolo affidato a due dei suoi reporter più autorevoli,
con una ricostruzione minuto per minuto di quella notte da dimenticare. E per finire, una pagina a firma del “difensore del lettore” Tomás Delclós (titolo: “Un tremendo error”) in cui si dà conto, tra l’altro, delle numerosissime proteste di chi ritiene che la foto non si sarebbe dovuta pubblicare neppure se fosse stata autentica.
Ora, benissimo l’autoflagellazione,
stupendo l’impegno a “rivedere il protocollo di verifica” del materiale
che viene recapitato in redazione (la foto era stata offerta, al prezzo
di 30mila euro, da un’agenzia con la quale El País ha rapporti da circa tre anni, ma poi si è rivelata essere un fotogramma di un video comparso su Youtube nel 2008, nel quale appariva un paziente messicano intubato).
Il fatto è però che, nell’ansia di giustificare l’ingiustificabile, il giornale monta una sorta di patetica “spy story“. Dice di non aver potuto verificare l’autenticità dell’informazione fornita dall’agenzia Gtres Online
secondo cui la foto era stata scattata da un’infermiera cubana che poi
l’aveva inviata alla sorella residente in Spagna. Quale sarebbe
l’ostacolo insormontabile che impediva di svolgere un controllo
accurato? Il fatto che l’attuale corrispondente di El País all’Avana è
la blogger dissidente Yoani Sánchez, “i cui movimenti
sono vigilati permanentemente dalle autorità”. Ergo, “fare in modo che
Yoani si mettesse in contatto con qualunque fonte avrebbe comportato un
rischio per lei e per le persone presumibilmente coinvolte nella foto”.