venerdì 5 ottobre 2012

Continua la guerra dei commenti sul Fatto Quotidiano



Chávez e le tv: di tutto, di più

di Massimo Cavallini | 5 ottobre 2012 | Il Fatto Quotidiano

Commentando un mio precedente post dedicato alle “catene di Chávez” – ovvero alle chilometriche apparizioni a reti unificate del presidente bolivariano – alcuni lettori m’hanno fatto notare, talora con assai bruschi accenti e in piena sintonia con il “grande leader”, come questa forma di comunicazione forzosa (una media di quasi un’ora per ogni santo giorno degli ultimi 14 anni) non fosse, in realtà, che unnecessario rimedio al travolgente predominio d’un sistema di media privati (le televisioni, in particolare) in mano alle oligarchie dell’Ancien Régime. E, manco a dirlo, implacabilmente, anzi, ferocemente avverse alle politiche del governo. Questi lettori hanno ragione. O meglio: avrebbero qualche ragione se le lancette del tempo si fossero, per miracolose ragioni,fermate all’anno 2002, quando Hugo Chávez Frías dovette fronteggiare prima una protesta di massa e, quindi, un vero e proprio golpe, più o meno apertamente sostenuto dalle “quattro sorelle” dell’etere venezuelano: RCTV, Venevisión, Televen e Globovisión (quest’ultima però visibile, via etere, solo a Caracas e Valencia). Nell’angolo del governo, nel contempo, null’altro che la statale Venezolana de Televisión…
Il problema – da questi lettori non visto, o visto con le deformanti lenti della fede – è che in questi dieci anni un bel po’ d’acqua (acqua inquinata, perlopiù) è in realtà passata sotto i ponti dell’informazione venezuelana. Il panorama mediatico venezuelano è cambiato. E non esattamente nella molto auspicabile direzione d’un maggior pluralismo. RCTV, la più grande delle quattro sorelle, è stata messa completamente fuori gioco con una serie di provvedimenti d’ordine amministrativo (prima la negazione del rinnovo della licenza per le frequenze via etere, poi la negazione di quella per trasmettere via cavo) la cui natura autoritaria ed ipocrita ha regalato ai vecchi golpisti una meritata aura di vittimismo. E questo mentre le altrettanto “golpiste” Venevisión e Televen – ben felici d’avventarsi sulle quote pubblicitarie lasciate libere da RCTV – s’affrettavano, in una sorta di patto di non aggressione, a metter da parte ogni ostilità verso il governo, abolendo di fatto tutti i programmi informativi con qualche ambizione d’andare oltre i confini d’un molto anodino ed ossequiente riportar di notizie.  Sul piede di guerra (la guerra contro Chávez) non è, in questi anni, rimasta che la meno diffusa delle quattro reti: Globovisión. Formalmente libera, ma costantemente sotto la minaccia di nuove leggi (la cosiddetta “Ley Resorte”, in particolare) nate per punire la “disinformazione” ed il “terrorismo mediatico”. Leggi molto vaghe – basta l’accusa d’aver “turbato” la pubblica opinione per venire puniti con multe devastanti (fino al 5 per cento del bilancio aziendale del precedente anno) la cui erogazione è esclusiva competenza del potere esecutivo. Vale a dire: di Chávez medesimo.