mercoledì 29 agosto 2012

Chavez e la minaccia di un Venezuela diverso

Sei mesi della campagna elettorale per il referendum costituzionale del 2007 diventano un documentario di due italiani, girato tra sostenitori e persone che invece avrebbero volentieri sostenuto un nuovo golpe…

 


La rielezione illimitata. Questo stava chiedendo il presidente venezuelano Hugo Chávez al suo popolo con il referendum del 2007 e nei sei mesi precedenti a quel giorno, è stato seguito da Silvia Luzzi e Luca Bellino, due documentaristi italiani che accompagnato la sua campagna elettorale, tra sostenitori e persone che invece avrebbero volentieri sostenuto un  nuovo golpe.
Dalle condizioni di vita dei lavoratori dell’industria del petrolio – pieni di greggio ma senza acqua – passando per i barrios poverissimi e per i quartieri dei ricchi, chiusi da muri e filo spinato, gli 86 minuti della minaccia arrivano anche negli studi di Alò Presidente, il programma televisivo attraverso cui ogni settimana Chavez incanta o tedia i venezuelani con lunghi monologhi.
«Ho sempre avuta ben chiara l’importanza della comunicazione», spiega Chavez alla telecamera dei documentaristi. Una comunicazione per parlare ad un paese che è stato anche importante destinazione dell’immigrazione italiana, oggi presente sul territorio con una numerosa comunità, che però negli ultimi anni sta diminuendo. Secondo quanto si può vedere ne La Minaccia, in molti hanno deciso di abbandonare quello che consideravano un giardino dell’Eden, che però ora si è trasformato in un arido deserto. In fila al consolato, erano in molti ad avere fretta di andarsene: sfumato il sogno, resta una realtà difficile, della quale però non faranno mai parte.
Di certo, Chávez resta un personaggio controverso: sempre al centro delle cronache (o, spesso, critiche) internazionali, già candidato al terzo mandato consecutivo nelle presidenziali d’ottobre ed ora anche avvolto dal mistero della sua malattia: annunciata come un grave tumore, dichiarata guarita ma invece tutt’altro che risolta secondo quanto affermano i suoi avversari. In questo terreno di scontro che rappresenta ormai il presidente, il documentario cerca di stare in mezzo e dare tutti punti di vista, diventando per questo un pò dispersivo e dipigendo il suo protagonista come il capo di uno degli stati più controllati del mondo, ricco – anzi, ricchissimo – di petrolio, con un popolo povero e lontano dalla modernità. Difficile dire, in questo scenario, chi sia la vera minaccia.