Sei mesi della campagna elettorale per il referendum costituzionale del 2007 diventano un documentario di due italiani, girato tra sostenitori e persone che invece avrebbero volentieri sostenuto un nuovo golpe…
La rielezione illimitata. Questo stava chiedendo il presidente
venezuelano Hugo Chávez al suo popolo con il referendum del 2007 e nei
sei mesi precedenti a quel giorno, è stato seguito da Silvia Luzzi e
Luca Bellino, due documentaristi italiani che accompagnato la sua
campagna elettorale, tra sostenitori e persone che invece avrebbero
volentieri sostenuto un nuovo golpe.
Dalle condizioni di vita dei lavoratori dell’industria del petrolio –
pieni di greggio ma senza acqua – passando per i barrios poverissimi e
per i quartieri dei ricchi, chiusi da muri e filo spinato, gli 86 minuti
della minaccia arrivano anche negli studi di Alò Presidente, il
programma televisivo attraverso cui ogni settimana Chavez incanta o
tedia i venezuelani con lunghi monologhi.
«Ho sempre avuta ben chiara l’importanza della comunicazione», spiega
Chavez alla telecamera dei documentaristi. Una comunicazione per
parlare ad un paese che è stato anche importante destinazione
dell’immigrazione italiana, oggi presente sul territorio con una
numerosa comunità, che però negli ultimi anni sta diminuendo. Secondo
quanto si può vedere ne La Minaccia, in molti hanno deciso di
abbandonare quello che consideravano un giardino dell’Eden, che però ora
si è trasformato in un arido deserto. In fila al consolato, erano in
molti ad avere fretta di andarsene: sfumato il sogno, resta una realtà
difficile, della quale però non faranno mai parte.
Di certo, Chávez resta un personaggio controverso: sempre al centro
delle cronache (o, spesso, critiche) internazionali, già candidato al
terzo mandato consecutivo nelle presidenziali d’ottobre ed ora anche
avvolto dal mistero della sua malattia: annunciata come un grave tumore,
dichiarata guarita ma invece tutt’altro che risolta secondo quanto
affermano i suoi avversari. In questo terreno di scontro che rappresenta
ormai il presidente, il documentario cerca di stare in mezzo e dare
tutti punti di vista, diventando per questo un pò dispersivo e dipigendo
il suo protagonista come il capo di uno degli stati più controllati del
mondo, ricco – anzi, ricchissimo – di petrolio, con un popolo povero e
lontano dalla modernità. Difficile dire, in questo scenario, chi sia la
vera minaccia.